Pistacchio di Bronte: l’oro verde della Sicilia
Per gli arabi è il fristach. Per i siciliani è la frustaca. Per tutti gli altri è il delizioso Pistacchio di Bronte, che grazie al marchio DOP è diventato uno dei simboli delle pendici dell’Etna.
È quindi agli antichi dominatori arabi se oggi possiamo deliziarci il palato con questa prelibatezza, che ha conosciuto un vero e proprio boom a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, quando i pascoli e i terreni della provincia di Catania furono girati a pistacchieti. Gli stessi che puoi ancora ammirare girovagando per le colline del catanese, che offrono un colpo d’occhio davvero suggestivo.
Pistacchio di Bronte: caratteristiche
Ciò che favorisce la coltivazione del pistacchio, oltre alla passione e all’esperienza dei contadini locali, è la composizione organolettica del terreno, pesantemente influenzata dalle frequenti colate laviche dell’Etna. Il gusto del Pistacchio di Bronte, infatti, è inconfondibile, così come lo è il suo colore, un verde intenso dovuto all’alto tasso di clorofilla contenuto nel frutto.
Talmente unico nel suo genere, che nel 2009 l’Unione Europea ha provveduto alla pubblicazione di uno specifico disciplinare, grazie al quale oggi puoi acquistare Pistacchi di Bronte DOP, nella certezza che siano davvero originari dei comuni di Bronte, Adrano e Biancavilla.
I contadini di queste zone, infatti, coltivano ancora il pistacchio come si faceva centinaia di anni fa. Certo, oggi si avvalgono di qualche macchinario in più, ma la sua coltivazione segue ancora i ritmi lenti della natura: pensa, la pianta non produce prima di 10 anni dal suo innesto, la raccolta dei pistacchi avviene rigorosamente a mano solo ogni 2 anni e, appena raccolto, il frutto deve asciugare al sole per almeno qualche giorno, per evitare spiacevoli infezioni parassitarie.
Un tempo lungo, ma necessario, per poter gustare una delle prelibatezze dell’isola siciliana.
Pistacchio di Bronte in cucina
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